L’assurdo limbo delle province

Pur essendo un fermo sostenitore del governo Draghi, con la figura del premier che sicuramente spicca rispetto alle precedenti esperienze di legislatura, credo che l’esecutivo, nell’affrontare un problema serio come quello dell’assetto istituzionale del paese, abbia perso molto per la deleteria scelta del Pd di privarsi di un sottosegretario del livello di Achille Variati. Forte della sua vastissima esperienza amministrativa, Variati si stava occupando con estrema serietà dei problemi degli enti locali; problemi non solo economici ma anche strutturali e di assetto, problematiche talvolta legate a moncati processi di riforma che stanno facendo pagare dazio ai cittadini e ai territori una non chiarezza di funzioni e obiettivi che li stanno contraddistinguendo. È il caso, in particolare, degli enti provincia. Le amministrazioni provinciali sono state massacrate dalla famigerata legge Delrio, tanto che ancora mi chiedo come abbia potuto una persona così intelligente produrre un simile aborto. Vivono oggi nel limbo assurdo di essere enti non perfettamente definiti, sia nelle modalità elettive, che di autonomia, con una fortissima differenziazione, da regione a regione, sulle funzioni gestite, senza considerare l’ancora più estrema differenza del loro ruolo nelle regioni a statuto speciale. Succede così, dopo il mancato referendum istituzionale del 2016, che le provincie, in Italia, sono tutto e niente: gestiscono strade, scuole e ambiente in alcuni territori; si inventano altre funzioni in altre zone; hanno deleghe esercitate da consiglieri da alcune parti, non ne hanno da altre. Stanno assumendo, in taluni casi; si stanno svuotando in altri. Quasi tutte tengono in piedi i bilanci con coraggiosi o arditi costrutti finanziari, per esempio ipotecando entrate da cessioni patrimoniali; hanno ruoli chiave scoperti o coperti alla meno peggio, con convenzioni che portano dirigenti a gestire settori fondamentali per poche ore la settimana. Sul cervellotico sistema elettorale poi meglio stendere un velo pietoso: i consiglieri dei comuni hanno un peso ponderato in base alla fascia di popolazione che non fanno valere un principio di eguaglianza; i presidenti hanno poteri abnormi rispetto ai consigli provinciali, assumendo in sé anche i poteri delle vecchie giunte che non esistono più e attuando una forma di governo monocratico più simile ai baronati medievali che alle democrazie moderne. Per tutto questo, credo valga la pena una riflessione seria. Considerato il fallimento della riforma, considerato che gestiscono ancora funzioni utili per i cittadini, considerato che non sono state cancellate dalla costituzione, considerato che occorrono enti di area vasta per coordinare i comuni e progetti ai fini del PNRR, considerato che le Regioni sono enti troppo grandi e distanti dai territori: non sarebbe forse meglio tornare a un sistema elettivo diretto? Non sarebbe bene restituire un po’ di autonomia a questi enti? Non sarebbe bene tornare a leggi che finanzino le funzioni fondamentali delle stesse?  

Molte novità per la Polizia Locale Associata del Medio Polesine

Si chiude in bellezza il 2022 e si apre un 2023 pieno di novità e prospettive di sviluppo e miglioramento, per la “Polizia locale associata del “Medio Polesine”, una realtà in crescita costante che ha in Polesella il Comune capofila.

L’anno appena concluso, infatti, ha visto risultati lusinghieri sul fronte del rafforzamento dell’organico, con l’arrivo, dopo espletamento delle procedure concorsuali, di tre nuovi agenti assunti da Polesella, Pontecchio e Crespino. Rinnovata anche la collaborazione con il Comune di Gavello per la condivisione part time di un altro agente e avviata quella nuova con Ceregnano per un ulteriore part time. Si andrà in questo modo a superare la carenza di organico che era stata segnalata dagli associati a più riprese.

Allo stesso modo, il corpo ha visto una implementazione di mezzi, dotazioni e professionalità di assoluto rilievo. Lo conferma il sindaco di Polesella, Comune capofila, Leonardo Raito. “Penso – spiega – ai  tanti contributi ottenuti da bandi regionali, al rinnovo di tutto il parco mezzi, all’acquisto di strumentazione di controllo all’avanguardia e di un sistema di videosorveglianza che è studiato e invidiato da mezza Italia. Chi non ha capito che la polizia locale, oggi, nel 2022, non è più il corpo di vigili urbani di Alberto Sordi e che ha compiti e funzioni che vanno oltre l’idea di paletta e blocchetto delle multe, temo svilisca il lavoro degli agenti. I nostri uomini sono formati nell’utilizzo di dispositivi altamente tecnologici, sanno come gestire la sicurezza, sono punti di riferimento imprescindibili per la comunità”.

“Con il comandante Silvio Trevisan e i colleghi – prosegue Raito – elaboreremo un piano di azione più consono alle esigenze dei nostri territori, con linee di indirizzo precise che daranno la possibilità di effettuare più servizi e di occuparci di ambiti nuovi, in maniera da venire incontro alle preziose indicazioni dei cittadini e alle esigenze che ci hanno manifestato”.

L’anno appena iniziato vedrà anche un rinnovamento della compagine dei comuni partecipanti. Se, infatti, da un lato va registrato il recesso dei comuni di Canaro, Frassinelle Polesine e Pincara, che hanno manifestato la volontà, per diversi motivi, di uscire dalla convenzione, dall’altro numerose altre municipalità hanno manifestato l’intenzione di aderire al servizio.

 “Auguriamo buona fortuna a quei Comuni che hanno deciso di fare un passo indietro, scelta ovviamente legittima. Da parte nostra, vogliamo ringraziare di cuore per il lavoro prestato e per l’impegno per la convenzione l’agente Christian Navaro, che, con il recesso di Canaro, che già a inizio anno aveva ritirato un agente per adibirlo a lavoro d’ufficio, rientra nel comune di provenienza”. La scelta di Canaro di uscire dalla convenzione avrà anche un effetto immediato e d’impatto: verrà rimosso, in quanto l’autorizzazione era stata concessa alla convenzione, anche l’autovelox presente sulla Statale 16 in territorio di Canaro. “Spetterà ora al Comune di Canaro – spiega Raito – decidere se installarne un altro o meno, a questo punto la questione non è più di nostra competenza”.

Le nuove richieste di ingresso nella convenzione confermano, invece, che la strada che si sta percorrendo è quella giusta. “Assolutamente sì – conferma Raito – sono altrettante attestazioni della bontà e dell’efficacia della gestione della convenzione guidata dal Comandante Silvio Trevisan, un esempio di collaborazione efficace e funzionale”.

Ora, già entro la prima metà di gennaio verrà convocata una prima conferenza dei sindaci: “Con i sei Comuni rimasti siamo concordi e risoluti nella volontà di proseguire un’esperienza che ha dato risultati importanti”. Le sfide non saranno poche: “Completare i patti per la sicurezza urbana, l’adesione al secondo stralcio di Polesine Sicuro, il potenziamento della videosorveglianza, la formazione per gli agenti, il contrasto all’abbandono di rifiuti, l’attenzione alla sicurezza stradale, l’armamento degli agenti per poter organizzare turni serali e l’allargamento della convenzione, saranno tutti argomenti da affrontare con urgenza e chiarezza. Sappiamo di avere uno strumento importante e desideriamo di farlo funzionare al meglio”.

Vialli, un meraviglioso condottiero.

Quando, come me, sei nato sul finire degli anni settanta e sei juventino, sei riuscito a goderti appena la grande stagione di Platini. La grande Juventus di Trapattoni, dominatrice in Italia, in Europa e nel mondo, ha fatto la storia e tu te ne sei accorto di striscio. Si, ti sei visto gol e azioni al mitico Novantesimo minuto, ti ricordi le smacchinate con le bandiere al vento per festeggiare, ma non hai avuto compiutezza piena di quanto forte e importante fosse la tua squadra. Non ricordo la finale di Coppa delle Coppe, ho ricordi sfumati della tragedia dell’Heysel, non ho visto la notturna di Tokio, con la vittoria dell’Intercontinentale. Ho quindi cominciato a “vivere” di più la Juventus sul finire degli anni ottanta, quando in Italia dominano il Napoli di Maradona, il Milan degli olandesi e l’Inter teutonica o la Sampdoria di Boskov. La Juve è quella dei russi, che, perso il fuoriclasse Platini, non riesce a rimpiazzarlo con un vero leader. È una Juve operaia, dignitosa, che vede svernare Altobelli, che fa giocare Galia, Bruno, Bonetti, Napoli, Fortunato, Buso, Rui Barros. Una Juve operaia che comunque riesce a vincere qualcosa, anche se di minore. Con Zoff in panchina la Signora porta a casa una Coppa Italia, battendo il Milan, con rete di Galia aiutato da una zolla; e una Coppa Uefa contro la Fiorentina. Sulla tragedia di Maifredi meglio sorvolare, anche se arriva un fuoriclasse assoluto come Baggio. Poi torna Trapattoni ma lo scudetto resta lontano, anche se con il Trap si preparano le basi per il ritorno alla vittoria. Tra i giocatori arrivati c’è anche Vialli, un campionissimo che alla Sampdoria fece sfracelli ma che nei primi anni a Torino sembra quasi un equivoco. Trapattoni non riesce a utilizzarlo al meglio, lo mette persino a centrocampo. I 40 miliardi spesi per comperarlo iniziano a pesare. Ma nel 1994 ecco la svolta. A guidare la squadra arriva un toscanaccio come Marcello Lippi. E Vialli, co Ravanelli e Baggio, poi Del Piero, forma un tridente impressionante per corsa, movimento, grinta, capacità realizzativa. Inizia la storia di una squadra fortissima che in tre anni vincerà scudetto, Champions League, Coppa Intercontinentale. E leader delle prime due stagioni è proprio Vialli, meraviglioso condottiero, capitano che a Roma alzò la tanto agognata coppa. Fu la sua ultima partita in bianconero. In pochi capirono la sua partenza, verso l’Inghilterra dove lo attendeva il Chelsea che riportò a vincere. Ma la storia non si fermò. Però, nei miei ricordi di bianconero, pochi scatti hanno la forza e donano l’emozione di quella coppa alzata. Quella vittoria ci rimetteva in pari con la fortuna, ci mise sullo stesso piano delle altre italiane trionfanti in Europa. Ci restituì, o forse ci fece assaporare per la prima volta, la dimensione mondiale della nostra squadra. La scomparsa di Vialli ci rende tutti più poveri. Da juventini e da innamorati del calcio, non lo dimenticheremo mai. 

Pensare già ora al dopo Allegri (che ormai è finito).

Quando, lo scorso anno, la dirigenza bianconera decise di richiamare Allegri, ammetto che non condividevo le critiche e lo scetticismo di molti amici. In fin dei conti, il mister toscano era stato tra gli artefici di un ciclo di cinque anni vincente, non aveva mai fallito l’obiettivo di superare i gironi di Champions, aveva raggiunto due finali perse purtroppo con due squadre all’apice, aveva saputo amalgamare tanti campioni. Certo, il gioco espresso dalla Juventus era stato più solido che entusiasmante, ma ai tifosi basta vincere e scudetti e coppe ci avevano abituati bene. Dopo l’annata di Sarri e quella di Pirlo, credevo che Allegri, allenatore formato, esperto, vincente, fosse quello giusto per riportarci in vetta. Ma così non è stato. Nel campionato 2021-22 l’addio improvviso di Ronaldo, un mercato frettoloso e complesso, la partenza tragica anche a causa degli incredibili errori del portiere polacco ci avevano fatto percorrere una strada tortuosa che tuttavia, anche grazie agli innesti di mercato a gennaio, ci avevano condotto a un tranquillo quarto posto e alla qualificazione. Il mercato estivo poi, farcito di acquisti voluti dal mister, ci avevano fatto pensare che saremmo stati protagonisti in campionato. Allegri alla guida di una squadra plasmata a sua immagine e somiglianza, se non spettacolare, sarebbe stata di sicuro quadrata, combattiva, difficile da battere. Purtroppo tutto questo non è successo. Una preparazione blanda, la difficoltà a trovare un modulo base, calciatori a fine ciclo, i nuovi assenti, i tantissimi infortuni, hanno segnato già, a ottobre, la piega di una stagione che si preannuncia disastrosa. Alcune prestazioni sono state decisamente indegne. Penso a Monza, ad Haifa, a Lisbona. Zero carattere, zero voglia di reagire, zero grinta, zero rispetto per la maglia e i tifosi. I giocatori entrano in campo impauriti, svogliati, non in grado di reggere il ritmo e il peso della partita. In tutto questo, purtroppo, è emersa l’assoluta incapacità di Allegri di dettare una linea, di dare uno scossone o una svolta alle partite, di incidere su una squadra che, nell’atteggiamento, oscilla tra la scolaresca in gita e la comitiva atterrita da un film horror. E lui lì a giustificare e giustificarsi, ad arrampicarsi sugli specchi, con spiegazioni banali e frasi fatte che non fanno neanche più sorridere. Allegri ormai non ha più soluzioni da proporre per rialzare una Juve spenta come mai negli ultimi 30 anni. Con grande dispiacere devo sentenziare che, ormai, non merita più di sedere sulla panchina di questa gloriosa società. Che sia adesso o a fine stagione, bisogna pensare da subito al dopo Max.     

Preservare la risorsa idrica innovando i criteri di gestione

Le risorse planetarie non sono inesauribili, lo sappiamo da sempre ma facciamo finta di non averne conoscenza fino a quando siamo costretti a fare i conti con le emergenze. Questa annata caldissima, sta evidenziando quanto critico sia lo stato di conservazione della risorsa idrica e occorre mettere in campo delle azioni quotidiane per prevenire, anche in prospettiva, un calo di disponibilità della stessa. Ho letto nei giorni scorsi l’intervista di un bravo glaciologo rodigino, Franco Secchieri, che evidenziava come la desertificazione dei ghiacciai non autorizza ad essere ottimisti anche per il futuro del Po, la fondamentale arteria di vita della pianura padana. Non bisogna sottovalutare queste indicazioni. 

Gli antichi romani costruirono acquedotti che sono ancora in piedi a duemila anni di distanza e, nella vita di tutti i giorni, erano soliti favorire l’accumulo d’acqua mettendo in campo una vera e propria cultura della risorsa idrica cosa che forse, favoriti anche da una larga disponibilità a bassissimo costo, noi in Italia non abbiamo più. Ed è un problema non da poco che emerge oggi in tutta la sua gravità. 

Occorre senza dubbio favorire nuove iniziative finalizzate all’accumulo e al riuso consapevole dell’acqua: costruire invasi per il recupero dell’acqua piovana che possa essere utili ai fini irrigui, favorire impianti domestici finalizzati al riciclo per le modalità possibili, incentivare, anziché la rete acquedottistica, l’utilizzo di risorsa da pozzi per l’irrigazione di orti, il lavaggio di piazzali, vetture ecc.

In questo, possiamo imparare molto anche dalle più avanzate nazioni europee, quelle che di acqua ne avevano già meno di noi e che sono state magistrali nello studiare formule di recupero e di riduzione degli sprechi. L’Università tecnica di Delft, ad esempio, nella quale ho seguito un ciclo di corsi proprio sul management dell’acqua, da anni propugna forme di economia circolare per l’acqua: il riuso delle acque reflue deve riguardare almeno un paio di aspetti principali. Il primo impone una ferma linea di difesa contro la scarsità della risorsa e consiste in una una strategia di gestione della domanda globale (a scopo idropotabile, irriguo, industriale ed energetico) che promuova stili di vita e processi produttivi sostenibili e crei incentivi concreti per il risparmio, la conservazione (contrastando la dispersione nelle reti di distribuzione) e la resilienza delle fonti e delle relative infrastrutture idriche di derivazione e trasporto. 

Un secondo aspetto concerne la valorizzazione e l’utilizzo di risorse idriche non convenzionali (prevalentemente acque reflue urbane depurate) che si traduce nel riutilizzo dell’acqua depurata, prevalentemente in agricoltura, e nel recupero sostenibile delle risorse materiali ed energetiche contenute nelle acque reflue, trasformando così i depuratori in impianti di bio-raffinazione che convertono sostanze di scarto in prodotti utili, quali biogas e biometano, fertilizzanti (azoto, fosforo), sostanze organiche (cellulosa, poliidrossialcanoati usati nella produzione di bioplastiche).

Come hanno evidenziato recentemente autorevoli studi, “in particolare, il riutilizzo delle acque reflue in agricoltura, cioè il settore che in Italia utilizza attualmente il 51% delle risorse idriche prelevate, rappresenta una delle maggiori sfide. Ai fini del riutilizzo delle acque reflue, l’attenzione deve essere posta alla prevenzione dell’inquinamento alla fonte attraverso il divieto o il controllo puntuale nell’uso di alcune sostanze contaminanti;  alla raccolta e trattamento delle acque reflue in modo efficace e diffuso; all’affinamento dei reflui e la loro distribuzione per farne una fonte alternativa di acqua, sicura ed economica, sia per l’irrigazione che per le industrie e per l’ambiente; alla possibilità di recuperare energia e materiali presenti nelle acque reflue urbane, quali nutrienti come il fosforo e prodotti chimici come biopolimeri o cellulosa, riutilizzabili nell’industria o nell’agricoltura. Ai fini di una gestione ottimale e valorizzazione delle acque reflue in termini di economia circolare, risultano di fondamentale importanza anche i processi di trattamento e le modalità di smaltimento e riutilizzo previste per i fanghi di depurazione, che vanno definiti in relazione alle loro caratteristiche e dell’ambito territoriale di riferimento. Una gestione sostenibile dei fanghi è di fondamentale importanza per limitare l’impatto ambientale derivante dalla loro crescente produzione e per perseguire i principi di economia circolare su scala sia regionale che nazionale”. 

Per favorire l’utilizzo di fonti alternative di acqua, di recente il Parlamento Europeo ha approvato il nuovo Regolamento sul riutilizzo delle acque reflue. Nei tre anni previsti per la sua effettiva entrata in vigore dovranno essere risolti importanti nodi strategici che interesseranno l’intera filiera idrica. Come detto, oltre al riutilizzo irriguo dell’acqua, l’economia circolare dell’acqua mira al recupero sostenibile delle risorse materiali ed energetiche contenute nelle acque reflue, contribuendo a ridurre le emissioni di gas serra e i consumi energetici dei depuratori esistenti.

C’è tanto lavoro da fare, è vero, ma è anche vero che non abbiamo più neanche un minuto da perdere.

Leonardo Raito 

Continuano gli interventi manutentivi sugli alloggi ERP

Lo stato dell’edilizia residenziale pubblica, per il Comune di Polesella, ha rappresentato una priorità che negli anni ha portato a moltissimi investimenti in manutenzioni per conservare un patrimonio datato. Nel biennio 2020-2021 l’Amministrazione Comunale ha stanziato, per interventi di straordinaria manutenzione, 49.211 euro cui si sommano interventi di manutenzione ordinaria e di gestione che, frutto della convenzione con ATER Rovigo, portano a quasi 30.000 euro annuali il fabbisogno gestionale e di intervento. Un’attenzione costante che il sindaco Leonardo Raito ritiene indispensabile:

stiamo parlando di un patrimonio immobiliare che ormai risale a svariate decine di anni fa. Abbiamo case degli anni cinquanta, sessanta, settanta, ottanta e le ultime che superano i vent’anni di vita e quindi necessitano di notevoli interventi manutentivi. Devo dire che in larga parte abbiamo inquilini consapevoli e con un profondo senso di rispetto per la casa in cui vivono, ma è chiaro che impianti datati vedono rotture, e necessitano spesso dell’intervento del Comune. 

Il sindaco di Polesella fu anche tra i protagonisti di una battaglia, a fianco degli inquilini, per una ridefinizione della legge regionale che rischiava di vedere messi alla porta inquilini storici, anziani, famiglie, persone che pagavano regolarmente i canoni e che vedevano a rischio un diritto consolidato nel tempo:

Gli alloggi residenziali pubblici rispondono a un preciso indirizzo di politica sociale e serve rispetto per lo stato dell’edilizia popolare. Credo che in un rapporto di collaborazione consapevole tra inquilini e proprietà possa stare una migliore prospettiva anche per la politica abitativa: i residenti sanno che pagano affitti calmierati rispetto al libero mercato e rispondono con una dovuta attenzione alla conservazione degli alloggi a questo diritto. 

Per il futuro l’Amministrazione ha le idee chiare:

Intendiamo proporre ad ATER la possibilità di un percorso in comune per la ricerca di fondi e forme di investimento che consentano di recuperare gli edifici attualmente chiusi o sfitti e puntiamo alla ricerca di finanziamenti per migliorare efficientamento energetico dei condomini e per aumentare la qualità degli alloggi. Stiamo vagliando delle proposte che potrebbero essere interessanti. 

Cronache di ordinaria degenerazione

L’esito del referendum, scontato o meno che fosse, ha rappresentato un ulteriore tassello della degenerazione della nostra democrazia. Se non è degenerazione, di sicuro è crisi. Che solo il 20% degli elettori italiani si rechi alle urne – ma attenzione, il dato è viziato al rialzo dal voto contemporaneo delle comunali – rappresenta un elemento di estrema preoccupazione che dovrebbe però obbligare anche i partiti a un profondo ripensamento delle proprie azioni. 

Nella fattispecie, mi sono confrontato con decine di persone su questi quesiti referendari e quasi tutti mi hanno detto che li ritenevano difficilissimi da capire. Il tema giustizia è un tema da specialisti. Un tema per cui i cittadini ritengono debba essere messo in campo un serio lavoro parlamentare. Delegare a loro la scelta è stata considerata uno scaricamento di responsabilità inaccettabile, uno scaricamento che va ascritto principalmente ai promotori (Lega, Radicali) che hanno voluto dare una valenza politica al referendum, a volte personalizzando la contesa (Salvini starà passando una brutta giornata), a volte lanciando un vero e proprio assalto alla magistratura, istituzione che forse gli italiani appezzano più di quanto si possa credere. 

Nell domenica di ordinaria degenerazione, poi, ha avuto dell’incredibile la conferenza stampa di Calderoli, con la maglietta del sì, che ha accusato la stampa e il sistema dell’informazione ritenendoli responsabili del fallimento del referendum. Da non credere. O Berlusconi con un filo di flebile voce raccontare la sua storia di statista e il suo disprezzo nei confronti di un sistema giustizia che lo ha preso di mira.

Nel corso della campagna elettorale, paradossali sono state alcune immagini, come quella dell’ex magistrato Nordio, uno di quelli che usò a lungo lo strumento della carcerazione preventiva, invitare gli italiani a votare si per mettere fine alla degenerazione della stessa carcerazione preventiva, e qui c’è da ripensare con il brivido al rischio di averlo avuto presidente della repubblica.

La crisi di partecipazione alle elezioni ha comunque colpito anche i rinnovi dei consigli comunali e dei sindaci, per i quali tradizionalmente la partecipazione era altissima. Trovare strumenti per rinnovare lo stimolo a essere parte attiva di questa democrazia rappresenta forse una missione impossibile. Ma bisogna provarci. Il fondo, forse, non è ancora stato toccato.

Leonardo Raito  

Trentotto anni fa, la morte di Berlinguer

Trentotto anni fa moriva a Padova Enrico Berlinguer, il segretario del Pci che, nel corso di un comizio per le elezioni europee fu colpito da un ictus e in pochi giorni si spense, tra il cordoglio generale dei militanti e degli italiani. Ho esplicitato alcuni giorni fa, nel corso di una conferenza, la mia idea che i funerali di Berlinguer siano stati un funerali di popolo più che funerali di partito: tanta infatti fu la gente che accompagnò a Roma il feretro del segretario sardo, in un ultimo ideale abbraccio che valeva come un tributo di affetto e di stima per la serietà di un uomo mai sopra le righe e mai volgare, capace di misurare le parole in modo così diverso da come saremmo stati abituati nella seconda repubblica. Con Berlinguer finiva una stagione, finiva la parabola del più grande partito comunista di un paese occidentale, perché nessuno seppe raccoglierne l’eredità, nessuno eguagliarne le doti di leadership. Diventato segretario nel 1972, dopo che per tre anni, come vice di Longo, si era preparato la successione, Berlinguer seppe portare il Pci a vette inaspettate, toccando, nel 1976, il 34%, un risultato che poneva il Pci come soggetto fondamentale dei processi innovativi e democratici di questo paese. Con le proposte del compromesso storico e dell’eurocomunismo seppe riportare il Pci al centro del dibattito politico nazionale e internazionale, si erse come difensore delle istituzioni repubblicane dal rischio dei golpe che vedeva certificano da quanto era successo in Cile. L’eurocomunismo aprì, per qualche tempo, una stagione di innovazione a livello europeo, con il Pci che sembrò sul punto di rompere con Mosca per costruire una proposta perfettamente integrata con i valori democratici e pluralisti dei paesi occidentali. Austerità e questione morale furono altre due parole d’ordine che Berlinguer seppe proporre in momento difficili per il nostro paese, colpito da crisi economiche e strutturali e da una degenerazione che già colpiva il sistema partitico. Fu protagonista di una stagione, capace di aprire il partito alle forze più innovative, alle donne e ai giovani, talmente protagonista che, ancora oggi, tante persone rimpiangono quell’uomo semplice ma autorevole, serio ma capace di sforzi futuristici complessi, non sempre premiati dentro e fuori il partito. Fu sempre e comunque orgogliosamente comunista, mai tentato di approdi socialdemocratici. Certo, il Pci degli anni ottanta era cosa molto diversa da quello dell’immediato dopoguerra, ma sarebbe stato bello vedere come avrebbe interpretato la svolta del dopo Berlino. Morì troppo giovane e troppo presto per poterlo fare.    

Positivo il bilancio della Fiera di Pentecoste 2022

Con lo spettacolo laser di lunedì sera, che ha sostituito i fuochi d’artificio, si è conclusa il 6 giugno la tradizionale e plurisecolare fiera di Pentecoste a Polesella, che dopo due anni consecutivi di blocco causato dalla pandemia, è ripartita con slancio dando soddisfazione agli organizzatori. Che ci fosse voglia di questa manifestazione è apparso evidente fin da venerdì, quando il concerto delle giovani Young and Unfair e lo spettacolo fitness delle atlete di Fitemotion avevano iniziato a richiamare diverse persone, così come il luna park, allestito con giostre tradizionali e innovative, che hanno registrato ottimi numeri fin dalla prima sera. Sabato sera è stato il turno dell’energia celtica dei Daridel, il gruppo impegnato in una tour internazionale e che tornava a Polesella dopo il successo dell’anno scorso. Con la loro forza, i Daridel hanno divertito il pubblico presente in Piazzetta Edicola, dove, tra l’altro, l’importante presenza delle cozze di Scardovari DOP sancivano il gemellaggio tra il Consorzio bassopolesano e il Circolo Noi Raccano in una sapienza culinaria molto apprezzata. Bello anche il concerto del secondo gruppo celtico, gli Adgarios, nella serata di domenica, così come tanta è stata la partecipazione, lunedì, al dj set di Maicol Ticchiati che ha caricato il pubblico con i migliori pezzi dance anni 90 e attuali. Contemporaneamente, sono state molto partecipate anche le iniziative organizzate dalla Giovane Italia Polesella al campo sportivo, con il torneo di pentecoste per i ragazzi dei primi calci sabato e la superCup domenica, un torneo di calcio a 5 che ha portato, agli impianti sportivi comunali, centinaia di persone. Il buon cibo ha fatto capolino presso lo stand gastronomico della Locò, in Arena Spettacoli, dove è stato possibile assaggiare moltissime pietanze e presso i gazebi delle associazioni in Piazzetta Edicola. Domenica bello anche l’evento musicale organizzato da Non Solo Caffè, così come la rievocazione medievale ai giardini pubblici. Tutte le sere il prezioso lavoro dei volontari dell’ANC e della Protezione Civile ha consentito lo svolgimento regolare e in sicurezza degli eventi. L’Amministrazione Comunale, a nome del sindaco Leonardo Raito, traccia un bilancio positivo della fiera:

è stata una ripartenza buona e che i polesellani hanno apprezzato, stando anche ai tanti commenti positivi che abbiamo ricevuto. Non sono mancate le persone in tutte le serate, con una gestione che è stata effettuata in piena sicurezza in ogni dettaglio, con il luna park e le associazioni protagoniste e gli eventi proposti partecipati e di buon livello. Abbiamo apprezzato la collaborazione dei volontari, delle associazioni e degli sponsor che ci hanno dato una mano e che sono stati preziosi di fronte all’aumento dei costi e alla necessità di redigere un particolareggiato piano della sicurezza. L’abbinamento con il mondo celtico è stato una novità interessante, anche per ampliare l’orizzonte della tipologia di pubblico che poteva frequentare la piazza e abbiamo ricavato buone impressioni. Ovviamente, da parte nostra, restiamo sempre disponibili, nel limite del possibile, a cogliere suggerimenti e proposte per migliorare sempre di più la fiera, senza la pretesa di essere infallibili ma con la consapevolezza dell’impegno e del lavoro messo in campo per ripartire e di cui voglio ringraziare i miei collaboratori. 

Ato Polesine prona a investire 18 milioni sulle reti idriche della provincia

Il Consiglio di Bacino “ATO Polesine” ha presentato una proposta di intervento dell’importo di 18 milioni di Euro a valere sulle risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), la cui dotazione finanziaria complessiva di 900 milioni di Euro in ambito nazionale è destinata ad investimenti per la riduzione delle perdite nelle reti di distribuzione dell’acqua, da realizzarsi entro il 31/03/2026.

In caso di approvazione della domanda da parte del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, il soggetto beneficiario del finanziamento sarà il Consiglio di Bacino Polesine ed il soggetto attuatore sarà Acquevenete Spa.

Tale linea di finanziamento è specificamente rivolta ad interventi che prevedono l’applicazione delle nuove tecnologie digitali e dei più avanzati criteri ingegneristici per l’implementazione di un efficace strumento di ricerca delle perdite idriche e di gestione smart delle reti, grazie al quale gli interventi di riparazione o sostituzione delle condotte saranno programmati in modo mirato a valle del percorso conoscitivo e diagnostico del sistema, in una logica di “asset management”. La sostituzione delle reti sarà solo l’ultimo passo della procedura gestionale che porterà a valutare la convenienza tra la sostituzione o la riparazione delle condotte in relazione alla vita utile dell’infrastruttura.

Il PNRR predilige infatti investire sulle nuove tecnologie, considerato che la sostituzione massiva delle reti non è sostenibile e che i metodi tradizionali di ricerca perdite non risultano particolarmente efficaci.

Il progetto definitivo, redatto dalla struttura tecnica di Acquevenete, prevede l’intervento sulla maggior parte della rete acquedottistica dell’A.T.O. Polesine, che sarà digitalizzata, distrettualizzata e monitorata al fine di ridurre le perdite almeno del 20% entro i termini stabiliti dal PNRR, con ulteriori margini di miglioramento delle prestazioni nel tempo.

L’intervento proposto risulta complementare al progetto sperimentale già avviato da Acquevenete nel 2020 con la collaborazione della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Ferrara, che interessa la rete servita dalla centrale di Occhiobello.

A fronte di un cospicuo investimento, che l’attuale tariffa del servizio idrico non potrebbe sostenere nel breve periodo, ne deriverà un ampio potenziale in termini di benefici ambientali ed economici correlati al risparmio di risorsa idrica per l’intero territorio del Polesine.

L’obiettivo di riduzione delle perdite nelle reti di distribuzione dell’acqua rappresenta una delle sfide attuali e future più impegnative a cui il servizio idrico è esposto.

Le nuove tecnologie e la digitalizzazione sono un elemento chiave per l’uso efficiente delle risorse idriche e la resilienza delle infrastrutture, permettendo di sviluppare sistemi intelligenti di monitoraggio, gestione e misura, di conoscenza a supporto delle decisioni e di incentivazione alla maggiore consapevolezza dei consumi da parte dei cittadini.

La regolazione attuata dall’ARERA negli ultimi anni ha impresso un’importante spinta agli investimenti nell’innovazione tecnologica nel settore idrico, favorendo una crescita culturale all’interno delle utlities nella sperimentazione e nel miglioramento continuo dei processi aziendali.

Un futuro dell’acqua più sostenibile e sicuro passa soprattutto da sistemi idrici aperti all’innovazione e alle opportunità offerte dal digitale, da sostenersi con azioni concrete su più fronti: normativo, regolatorio e finanziario.

“Con questo progetto – scrivono i consiglieri del Comitato Istituzionale dell’Ato Leonardo Raito (Presidente), Moreno Gasparini (vice) e Stefano Ravelli – cerchiamo di sostenere attraverso i fondi del PNRR gli investimenti del nostro gestore, in una logica di attenzione al corretto utilizzo della risorsa idrica. Il nostro Consiglio di Bacino si dimostra, ancora una volta, soggetto propositivo nell’interesse del Polesine e dei suoi cittadini. Un finanziamento a questo intervento, consentirebbe un’efficienza delle reti sempre maggiore e sostenibile”. 

Dua Lipa, la superstar pop del futuro

Ho avuto il piacere di assistere all’ultimo concerto di Due Lipa alla Unipol Arena di Bologna e devo dire che era tantissimo tempo che non mi divertivo così. L’artista inglese di origini kosovare ha realizzato un vero e proprio spettacolo musicale e tecnico che ha incantato il pubblico che ha gremito il palasport.

Musica di altissimo livello abbinata a scenografie e luci gestite in modo straordinario hanno trascinato, per oltre un’ora e mezza, una platea incantata dalla bravura di Due Lipa, dei suoi ballerini, dei musicisti e delle coriste che hanno saputo mantenere, per tutto il tempo, un livello altissimo.

Quando alla fine, con “Lievitating”, Due Lipa, che intanto era riuscita a cambiare per ben tre volte gli abiti di scena, è stata proiettata in cielo da un’altalena calata dall’alto, passando in mezzo a stelle e lune luminose, il pubblico è andato in visibilio celebrando, come una autentica star, un’artista che sarà, senza dubbio, una superstar del pop mondiale del presente e del futuro